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PARTENOPEO

Napoli  epicurea bella e impunita

Radiosa o lunare e senza ritegno

Alla raffica degli atomi espone

l suo farsi e rifarsi di sirena


Sempre un fuoco la agita che scoppierà

Tra piazza Garibaldi e piazza Dante

Per tutta la Marina e dentro il golfo

Carezza di una mano che ci graffia


Dice che ci ama e ci vuole lontano

Napoli sorda ai richiami d’Eduardo

Sceglie il facile piacere effimero


Ama solo chi non promette amore

Sceglie dalla sue mani ingannatrici

Esperte nell’arte delle tre carte

                     II

Professor Caccioppoli senza volto

Tra le ombre forse lo riconoscerei

Per quell’impermeabile trasandato

Oscillerebbe un poco onde fissarmi 


Vivo non lo piegò la sua grandezza

Aedo amico di simboli e formule

L’estro matematico e al pianoforte

Non lo lasciò e la fortuna d’essere


Nato e cresciuto nella sua Napoli

Tantomeno lasciò la devozione 

Per Proudon e per il nonno Bakunin


Napoli  madre crudele non lasciò

Che incanutisse e lo indusse al suicidio

Come ad una equazione senza dati

                        III
Sentire  voci  canzoni lontane

Versi  governati  dalla musica

Accordi tra chitarre e pianoforti

Da altre stanze nell’ozio del risveglio


Accadeva a Sant’Anna  dei  Lombardi

La folla di Napoli che arrancava

Lungo la salita di via Medina

Verso lo Spirito Santo e salivo


Anch’io senza più sonno tra la folla

In quell’aria che sapeva del mare

Dalla sponda di Sorrento nel golfo


Fintantoché proprio da quella sponda

Svanivano gli accordi e le sirene

Non avevan mani per trattenermi

                         IV
Divorato dai tarli il pianoforte

Tolto il coperchio di lucido abete

Solo sul pavimento della sala

Bronzeo giace il gruppo di scugnizzelli


Sola l’anziana marchesina bella

In quel  vano dell’antico palazzo

Della Napoli ai Vergini nasconde

Sotto la veletta gli occhi di pianto


L’anima verginale piange forse 

Rinnovandosi il lutto per il padre

Mai  contrastato in tutta la sua vita


O forse perché più volte ha sognato

Esser  lei  amica di quegli scugnizzi

Con quelli  andare via dal pianoforte.


                     V
Un chiostro di Sant’Anna dei Lombardi

In quegli anni di nostra giovinezza

A Napoli infestata dalle streghe 

Arpie con artigli ancora bambine


Sui sedili a lastre di pietra sozze

Facevan cenno di fermarsi e stare

Accettare un bacio da loro prima

Di scivolare nella via Medina


Fin sui denti sconciate da rossetto 

Le labbra ridevano mostrando 

Linque saettanti in atto di leccare


“nu vaso a pizzichillo”

volevano dare “na rosa dint’ capille” 

avrebbero voluto togliersi ed a tutti offrire. 


                  VI
Pietre nere riarse sull’arenile

A San Giovanni a Teduccio rimane

Teodosia signora di luci e feste

Tornano le paranze dei facchini


Pronte a sollevare gigli di Nola

Non lascia i sangivannesi lo spettro

All’ora del tramonto galoppante

Il gran destriero svolazzando i veli


Anche sui gigli volano farfalle

Finchè gli ercoli doneranno forza

A reggere sulle spalle i quintali


Degli otto gigli sacri ballerini

Come antichi lazzari e camorristi

Briganti lari vaganti nel golfo

                   VII

Ventuno marzo torna primavera 

Napoli è quella casa dei miei nonni

Che dall’alto guarda giù verso il mare

Illuminato dalle care voci


Che riprendevano le eco salienti

Da Sant’Anna dei Lombardi e dal Gesù

La bella casa del nonno fascista

Che io amavo come Eduardo comunista


La bella casa dove erano i libri

Romanzi e un pianoforte verticale

Dove era bello retare in poltrona


Evadere e scivolare fin dentro

Quel sogno chè di Napoli e dorme

Fino al risveglio del Cristo velato



                     VIII
Napoli delle fughe mie di allora

Finchè a cacciarmi di casa fosti tu

Forse per gelosia dei tuoi segreti

Forse per non svelarmi i tuoi peccati


Napoli del mio abbandono di allora

Me ne resta sola questa nostalgia

D’una mano una carezza languida

Di occhi senza infingimenti parlanti


Di promesse di perdono e di voci

Sopravvenienti al cominciar del sonno

Appena udibili nell’oscurità


Guardo il vuoto e dal vuoto affiora sola

La mia solitudine senza raggio

Di sole ad illuminare il percorso

                    IX
Enza zia senza peccato andavate

Tu con la nonna vestite di nero

Davanti un altare al Gesù Nuovo

Devota a prendere messa per tutti


Per Annunziata e Immacolata e assunta

Tutta la famiglia dai dieci figli

Una sola ininterrotta preghiera

Detta con  mente rivolta agli assenti


Enza tu la madre della tua madre 

Enza tu la zia grazie ai figli non tuoi

Enza tu sorella di padri e madri


Cara zia Enza da sempre signorina

Austera e compunta andavi all’altare

Senza campane a nozze al Gesù Nuovo

                      X
Son teschi   femori  ossa alla rinfusa

Affratellati in file sterminate

Sotto cattedrali d’archi di tufo

Lontani i suoni di schiamazzi e risa


La Napoli di sopra a cielo aperto

Affonda nei   rivoli di silenzio

Sotto chissà  di Materdei   e  di Stella

Tra orbite  vuote d’occhi che attendono


Miracolo di nuova carne e sangue

Il rifarsi forme sugli scheletri

Il riprendersi gli abiti dismessi


Magari come fiori da radici

Magari come stille dal piangere

Magari  come canti da sospiri.

                       XI
Napoli  da un parente saldatore

Schermati gli occhi contro le scintille

I colpi di martelli sulle lastre

Ferro a serpentina nella morsa


Se Gennaro non ha ordini egli dovrà

Prendere e trasportare per gli sposi

Letti nuziali e conoscerà i figli

Che nasceranno ma Anna  la padrona


Dice c’è spazio per pranzo a Natale

E pure a Pasqua  e non sarà raffermo

Il pane dorato sulla tavola


Fortunato   rimane  il Principale

Quello che ha ritrovato l’antro scuro

Dove il parente Salvatore stava.